A Roma c’è un evento che sta capovolgendo l’idea di museo: chi lo vede resta spiazzato

Roma diventa laboratorio vivo: BAAB_ Issue_00 porta artisti, performance e cinema in spazi diffusi, lontano dai circuiti ufficiali

Roma, 30 ottobre 2025. Tra mostre patinate e musei monumentali, nella Capitale succede qualcosa che muove la scena culturale in una direzione diversa, quasi sotterranea. Si chiama BAAB_Issue_00, ed è la nuova biennale lanciata da Andrea Baccin e Ilaria Marotta, menti dietro la piattaforma editoriale CURA. e il centro d’arte indipendente Basement Roma, a due passi dal Vaticano.

Fino al 6 novembre 2025, la città si riempie di appuntamenti sparsi, senza un’unica sede, senza un percorso prestabilito, senza quella distanza formale che spesso separa pubblico e opere nelle istituzioni storiche. Qui, l’arte vive, si mescola, respira, si sporca, e invita a guardare oltre il marmo e la tradizione che domina Roma. Una proposta che ha già attirato artisti emergenti, curatori internazionali e un pubblico curioso, desideroso di uscire dai confini museali per entrare in contatto con idee e linguaggi in movimento.

Una biennale anti-monumento: spazi diffusi e opere che sfidano la forma

Chi arriva a BAAB non trova solo quadri appesi o installazioni isolate. Il progetto nasce per creare dialogo, non vetrine. Gli spazi scelti sono diversi e distribuiti in vari punti della città, tra luoghi indipendenti, ambienti non convenzionali e piccoli poli culturali che si muovono al margine della formalità istituzionale. L’idea, spiegano i curatori, è lasciare che l’arte contemporanea abiti la città e non sia ingabbiata in spazi neutri, come se la vita dovesse restare fuori dalla porta.

Baab
Baab-irispress.it

In programma appaiono performance, letture, incontri con artisti, proiezioni cinematografiche, e momenti pensati per avvicinare il pubblico al processo, non solo al risultato finale. Chi partecipa incontra idee in costruzione, linguaggi che si contaminano, opere che cambiano contesto e senso a seconda del luogo in cui vengono viste. In un periodo in cui tante rassegne puntano su nomi noti e atmosfere patinate, BAAB fugge dai riflettori, abbraccia la spontaneità e lascia spazio anche all’errrore, ai tentativi, ai fallimenti produttivi che fanno parte, inevitabilmente, della ricerca artistica.

Non un evento che giudica dall’alto, ma una piattaforma che ascolta, raccoglie, mette in discussione. Un osservatore in visita commentava quasi sottovoce: “finalmente una mostra che non teme l’incompleto”. Una frase che dice molto della filosofia alla base dell’iniziativa. Nessuna pretesa di monumentalità. Nessuna cornice rigida. Solo un invito a stare dentro il processo creativo, senza filtri, senza distanze.

Perché BAAB sta cambiando la conversazione sull’arte a Roma

Roma da decenni vive una doppia anima culturale: da un lato l’imponenza dei musei storici, dall’altro una rete di spazi indipendenti che, negli anni, ha provato a costruire alternative, anche quando sembrava difficile emergere. BAAB si inserisce in questa linea, rilanciandola con ambizione e struttura. Il merito principale è quello di riattivare l’attenzionesulla scena contemporanea senza imitare format già visti. Non propone modelli museali travestiti da innovazione, ma rivendica l’idea di arte come relazione: pubblico, artisti, curatori, spazi e città che dialogano in tempo reale.

Tra gli appuntamenti più seguiti, letture collettive, talk con artisti e critici che raccontano pratiche e percorsi personali, e proiezioni che riportano la sperimentazione cinematografica al centro. Non è un festival “per addetti ai lavori”: chi arriva senza conoscenze pregresse si sente comunque parte di qualcosa, e questo, forse, è uno dei tratti più radicali del progetto. Quando una biennale abbatte il filtro dell’esperto, rende accessibile un territorio spesso percepito come elitario.

Roma sembra rispondere bene. Giovani studenti, appassionati, ricercatori, ma anche visitatori casuali attraversano gli spazi e si fermano a discutere, a osservare, a mettersi in ascolto. L’impressione è quella di trovarsi davanti a un momento di transizione culturale: non più solo tutela del passato, ma apertura verso esperimenti che guardano avanti, senza timore di sembrare irregolari. Una scommessa che, almeno a oggi, funziona.

E mentre tanti eventi puntano tutto sull’estetica immediata e digitale, BAAB fa il contrario: chiede tempo, presenza, attenzione. Non corre, non urla, non rincorre il trend. Invita a fermarsi. Cosa rara, già.