Il sovrappensiero colpisce sempre più giovani e adulti: capire come nasce e come interrompere il flusso di pensieri è il primo passo per ritrovare calma e lucidità.
L’overthinking è come un eco che non si spegne mai. Si infiltra tra le giornate, prende spazio nella mente e trasforma anche le decisioni più semplici in un labirinto di dubbi. Pensare troppo non è sinonimo di intelligenza o profondità: spesso è una forma di ansia, un modo per cercare sicurezza nel controllo e finire invece per perderla del tutto. Chi ne soffre lo sa bene: ogni evento, anche il più banale, viene ripassato più volte nella mente, analizzato, smontato, ricostruito. Finché il pensiero diventa un peso.
Quando il pensiero diventa una trappola
Riconoscere l’overthinking non è semplice, perché ragionare è una delle funzioni più naturali della mente. Ma il confine tra riflettere e rimuginare è sottile. Chi cade nel sovrappensiero vive in un flusso continuo di analisi, un loop mentale che alterna paure, ipotesi e scenari alternativi. Si pensa al passato, per capire se si è agito bene o male; si pensa al futuro, per prevedere ogni possibile errore; e si finisce per restare fermi, incapaci di agire.

Non tutti pensano allo stesso modo. C’è chi ragiona a parole, come se avesse una voce dentro la testa che commenta ogni gesto; chi pensa per immagini, chi trasforma il pensiero in rifugio o in difesa. Nell’overthinking, però, questi processi diventano ingestibili. Il cervello continua a lavorare anche quando vorremmo fermarlo, e la persona si sente travolta dai propri stessi pensieri, come in una corrente impossibile da arrestare.
Questa condizione logora lentamente. Porta stress, ansia e senso di impotenza, interferisce con il sonno, il lavoro e la concentrazione. La mente, impegnata a controllare tutto, finisce per perdere contatto con il presente.
Come gestire l’overthinking
Saper gestire il sovrappensiero non significa smettere di pensare, ma imparare a scegliere quando e come farlo. È un lavoro di consapevolezza, non di forza. Il primo passo è riconoscere che non possiamo controllare la realtà con i pensieri: non bastano a cambiare ciò che è già accaduto o ciò che deve ancora venire. Il cervello continuerà a generare pensieri, ma possiamo decidere quanta attenzione dedicargli.
Un metodo utile è ritagliare un momento preciso della giornata per pensare. Sembra banale, ma funziona: spostare il momento in cui ci concediamo di preoccuparci aiuta a posticipare il pensiero quando arriva nei momenti sbagliati, come durante lo studio o il lavoro. Quando, poi, arriva l’ora “dedicata” all’overthinking, spesso la mente è già altrove e il pensiero si dissolve da solo.
Scrivere o dire a voce i pensieri è un’altra strategia efficace. Quando restano nella mente sembrano enormi, incontrollabili; una volta messi su carta o espressi, diventano chiari e più piccoli. Guardarli dall’esterno aiuta a capire che non sono la realtà, ma solo narrazioni mentali.
Restare nel presente
L’overthinking si nutre del passato e del futuro, mai del presente. Imparare a stare nel momento è il modo più diretto per spezzarne la catena. Le tecniche di mindfulness, gli esercizi di respirazione o le pratiche di grounding — cioè concentrarsi su ciò che si percepisce con i sensi — riportano la mente all’adesso. Anche attività manuali come cucinare, dipingere o fare sport aiutano: costringono il corpo e la mente a muoversi insieme, rompendo il circolo vizioso del pensiero eccessivo.
Prendersi cura di sé è un altro tassello fondamentale. Dormire bene, mangiare in modo equilibrato, mantenere il corpo in movimento permette di avere energie per affrontare il flusso mentale. E ricordare che vivere fuori dalla testa, nel mondo reale, può essere molto più piacevole di quanto sembri.
Quando l’overthinking diventa costante e invalidante, chiedere supporto a un professionista è la scelta migliore. Non è un segno di debolezza, ma di coraggio: imparare a pensare meno e vivere di più è un atto di cura verso sé stessi.