Dopo le sanzioni di Washington alle compagnie petrolifere russe, il mercato energetico registra un forte rialzo: gli analisti temono nuovi squilibri globali.
Il mercato energetico mondiale torna sotto pressione dopo l’annuncio delle sanzioni statunitensi contro le principali società petrolifere russe. L’effetto è stato immediato: il petrolio e il gas naturale hanno registrato una brusca impennata, spinti dai timori di una nuova riduzione dell’offerta globale.
Giovedì 23 ottobre 2025, a Milano, le quotazioni del Wti (West Texas Intermediate) sono salite del 5,3%, raggiungendo i 61,62 dollari al barile, mentre il Brent, riferimento per il mercato europeo, ha toccato quota 65,75 dollari, con un incremento del 5%.
Nel frattempo, il gas ad Amsterdam, sul mercato Ttf, ha guadagnato il 2,3%, portandosi a 32,51 euro per megawattora.
Si tratta del rialzo più consistente delle ultime settimane, che segna un cambio di rotta dopo un periodo di relativa stabilità dei prezzi.
Le nuove sanzioni americane contro Mosca
Le misure adottate da Washington rappresentano un nuovo capitolo della lunga serie di restrizioni economiche introdotte dall’inizio del conflitto con l’Ucraina.
Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato il blocco di asset e transazioni commerciali per diverse compagnie energetiche russe, accusate di continuare a sostenere indirettamente lo sforzo bellico del Cremlino attraverso la vendita di greggio sui mercati internazionali.

L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione americana è duplice: da un lato indebolire il settore energetico russo, che rimane la principale fonte di entrate per Mosca; dall’altro limitare la capacità della Russia di aggirare le precedenti sanzioni, ricorrendo a triangolazioni con Paesi terzi.
Le conseguenze si sono fatte sentire subito. Gli operatori di mercato, consapevoli del ruolo cruciale della Russia nella produzione globale di energia, hanno reagito con una raffica di acquisti, spingendo in alto i prezzi. Gli analisti ritengono che le esportazioni russe potrebbero ridursi di oltre 300.000 barili al giorno, almeno nel breve periodo, creando nuove tensioni in un contesto già fragile.
Il rialzo dei prezzi e le reazioni dei mercati
L’effetto domino non ha tardato a manifestarsi. A Londra, Parigi e New York, i titoli legati al comparto energetico hanno guadagnato terreno, mentre le borse asiatiche hanno chiuso in lieve calo, preoccupate per il possibile impatto sui costi industriali.
Le società occidentali del settore oil & gas, come Shell, ExxonMobil e TotalEnergies, hanno registrato rialzi superiori al 2%, spinte dalla prospettiva di margini più elevati in caso di aumento prolungato dei prezzi.
Gli esperti avvertono però che l’attuale balzo del petrolio potrebbe non essere temporaneo. “Ogni volta che l’offerta globale si restringe anche solo del 2%, i mercati reagiscono con un forte effetto psicologico”, ha spiegato un analista di JP Morgan.
La preoccupazione maggiore riguarda le scorte strategiche, che in molti Paesi europei si stanno riducendo a ritmi più rapidi del previsto. Con l’inverno alle porte, un nuovo aumento dei prezzi potrebbe tradursi in una crescita delle bollette per famiglie e imprese.
Mosca valuta contromisure economiche
Dal Cremlino, la risposta non si è fatta attendere. Il portavoce del governo russo, Dmitrij Peskov, ha definito le sanzioni “un atto ostile” e ha annunciato che Mosca “risponderà in modo simmetrico”.
Secondo indiscrezioni riportate da agenzie locali, la Russia starebbe valutando limitazioni temporanee all’export di petrolio e gas verso l’Europa, come forma di pressione politica e commerciale.
Un’eventuale riduzione dei flussi avrebbe effetti immediati sull’Unione Europea, ancora fortemente dipendente dalle importazioni energetiche, nonostante gli sforzi degli ultimi due anni per diversificare le fonti.
Gli osservatori internazionali sottolineano come la strategia russa miri a sfruttare la leva energetica per mettere in difficoltà le economie europee. Un taglio anche parziale delle forniture potrebbe far salire i prezzi del gas oltre i 35 euro per megawattora, soglia considerata critica per la stabilità dei mercati.
Gas naturale in crescita ad Amsterdam
Ad Amsterdam, sede del principale hub europeo per la contrattazione del gas, la giornata è stata particolarmente tesa. Le contrattazioni sul Title Transfer Facility (Ttf) hanno mostrato forti oscillazioni nelle prime ore del mattino, per poi stabilizzarsi su valori in aumento.
Il prezzo ha toccato 32,51 euro/MWh, un incremento del 2,3% rispetto alla seduta precedente. Gli operatori hanno segnalato un aumento del volume di scambi e una maggiore domanda di coperture a breve termine, segno che il mercato si prepara a un periodo di volatilità.
Gli analisti europei considerano probabile un nuovo rialzo se la situazione dovesse protrarsi. Le previsioni a breve termine indicano che il prezzo del gas potrebbe avvicinarsi a 40 euro/MWh in caso di ulteriori tensioni geopolitiche o di un inverno particolarmente rigido.
Non a caso, molti governi stanno già valutando piani di emergenza per rafforzare le riserve e contenere l’impatto sui consumatori.
Le ricadute sull’economia europea
Il rialzo dei prezzi energetici rischia di complicare ulteriormente il quadro macroeconomico dell’Unione Europea. Dopo mesi di progressiva discesa dell’inflazione, il ritorno della tensione sui mercati energetici potrebbe far risalire l’indice dei prezzi al consumo, con effetti diretti sul potere d’acquisto delle famiglie e sui costi di produzione delle imprese.
A Bruxelles, la Commissione europea segue con attenzione l’evoluzione dei mercati e non esclude nuove misure di sostegno, come sussidi temporanei per le famiglie a basso reddito o incentivi alla produzione energetica interna.
Secondo gli esperti del settore, una crescita duratura del prezzo del petrolio sopra i 65 dollari al barile potrebbe spingere i governi europei a rivedere i programmi di transizione energetica, rallentando gli investimenti nelle rinnovabili per concentrare risorse su forniture più immediate.
L’effetto combinato di sanzioni, volatilità e speculazioni conferma quanto il mercato energetico mondiale resti strettamente legato alla geopolitica. Ogni decisione presa da Washington o Mosca può generare onde d’urto in tutto il pianeta, influenzando il costo della vita, la competitività industriale e gli equilibri diplomatici.
E se l’obiettivo degli Stati Uniti è quello di indebolire economicamente la Russia, il rischio collaterale è che l’Europa finisca, ancora una volta, a pagare il prezzo più alto di questa nuova fase di tensione energetica.