La Manovra 2026 agita il fronte pensioni: sindacati sul piede di guerra per i nuovi limiti

Una trattativa che si accende in pochi minuti: nei corridoi dei ministeri e nelle sedi sindacali cresce la tensione attorno alla manovra economica che riguarda le pensioni.

Sul tavolo c’è più di una nota tecnica: c’è la percezione diffusa tra i lavoratori che le misure approvate proteggano i conti pubblici ma non risolvano i problemi quotidiani di chi fatica a terminare la carriera. Cgil e altre sigle portano alla luce una critica netta: non si tratta di riformare il sistema previdenziale, ma di applicare correttivi che lo irrigidiscono ulteriormente. Un dettaglio che molti sottovalutano è che, dietro termini tecnici, cambiano le date in cui migliaia di persone potranno smettere di lavorare.

Come cambia l’età pensionabile

Al centro delle modifiche rimane il meccanismo noto come adeguamento alla speranza di vita, che collega l’età pensionabile all’aspettativa media di vita in Italia. In termini pratici, se la durata media della vita aumenta, anche l’età per accedere alla pensione sale. La manovra conferma questo principio e definisce una nuova tabella di incrementi che si applicheranno nei prossimi anni: la misura di tre mesi prevista è stata diluita su due anni.

La Manovra 2026 agita il fronte pensioni: sindacati sul piede di guerra per i nuovi limiti
Oltre al nodo anagrafico, i sindacati evidenziano l’assenza di una strategia che guardi al futuro. – irispress.it

Secondo quanto previsto, dal 2027 l’età per la pensione salirà di un mese, mentre dal 2028 l’incremento sarà di due mesi. Le stime ufficiali indicano che dal 2029 si aggiungeranno ulteriori due mesi, con un effetto cumulativo che porta la soglia della pensione di vecchiaia a 67 anni e 5 mesi nel 2029, rispetto ai 67 anni attuali. Un dettaglio che molti sottovalutano è che questi scivolamenti piccoli e progressivi hanno impatti concreti sulla pianificazione delle carriere e sulle scelte personali.

Per la pensione anticipata ordinaria la soglia contributiva crescerà: si passerà a 43 anni e 3 mesi di contributi dai precedenti 42 anni e 10 mesi; per le donne la soglia sarà lievemente più bassa, a 42 anni e 3 mesi rispetto ai 41 anni e 10 mesi attuali. Questi numeri tradotti in giorni e mesi significano lavorare più a lungo per accedere ai trattamenti pensionistici.

Obiezioni sindacali e conseguenze sul lavoro

Le eccezioni previste dalla manovra riguardano i lavoratori impiegati in attività particolarmente pesanti: per i gravosi e gli usuranti viene bloccato l’aumento dell’età pensionabile. Tuttavia, la Cgil sottolinea che si tratta di una quota molto limitata: appena 1,7% dei futuri pensionati rientrerebbe nelle tutele specifiche. Per questo motivo i sindacati sostengono che la misura non offre una risposta adeguata alle realtà produttive dove l’usura fisica e l’età avanzata rendono difficile proseguire fino a soglie vicine ai 68 anni.

Alla guida della protesta c’è Ezio Cigna, responsabile delle politiche previdenziali della Cgil nazionale, che mette in fila il ragionamento: le promesse elettorali di maggiore flessibilità non si sono tradotte in misure concrete e la sensazione diffusa è che la legge Fornero resti di fatto intatta. Questa posizione trova eco in diverse città italiane dove i lavoratori osservano aumenti graduali dell’età pensionabile senza alternative concrete per uscire dal lavoro in modo dignitoso.

Oltre al nodo anagrafico, i sindacati evidenziano l’assenza di una strategia che guardi al futuro: l’invecchiamento della popolazione, la precarietà giovanile e la qualità delle carriere non sono affrontati da interventi tampone. Per questo si chiede più equità e misure mirate per i fragili e per i settori più pesanti. Un fenomeno che in molti notano solo nel corso dell’anno è l’effetto cumulativo di piccoli adeguamenti: sommati, cambiano il calendario delle pensioni per intere generazioni, con conseguenze pratiche sulle famiglie e sul mercato del lavoro. La sensazione concreta per molti è che le scelte di politica pensionistica stiano portando a restare più a lungo al lavoro per pensioni che rischiano di essere meno generose.